venerdì, ottobre 19, 2007

Anestetizzare il dolore...

... credo sia esattamente la causa di tutto.
E' l'origine della nostra incapacita' di arginare la sofferenza e di investire sulla serenita' interiore: e' cio' che in modo molto rigoroso, accurato ed estremo compiamo da piccoli, quando qualcosa va ad intaccare la nostra serenita' emotiva.

Quando siamo ancora immaturi affettivamente siamo talmente dipendenti dall'energia e dall'amore dei nostri genitori che non possiamo accettare che loro ci deludano, che sbaglino e non possiamo nemmeno lontanamente pensare che ci possano abbandonare, per ogni possibile motivo, o che smettano di amarci. Tutto il nostro mondo, e le nostre gambe, si reggono sulla loro vicinanza emotiva, che altro non e' che la linfa vitale di cui siamo nutriti.

Cosi', se qualcosa ce lo fa pensare, se pur erroneamente, scendiamo a compromessi molto determinanti per la nostra serenita' ed il nostro equilibrio futuri: neghiamo a noi stessi le sensazioni e le emozioni negative a causa della nostra incapacita' di gestirle e di ridimensionarle. Cosi', diamo l'inizio ad un blocco emotivo di cui nel tempo dimentichiamo le cause scatenanti.

Anestetizzare il dolore non vuol dire rimuoverlo, bensi' accantonarlo, e sempre piu' in fondo, di modo che poi lo sentiamo sempre piu' vivo e piu' desideroso di emergere ma anche sempre piu' interconnesso con le nostre viscere. Se non liberiamo il dolore, sia quello antico che quello che ci riproponiamo oggi attraverso i fallimenti attuali non troveremo mai la via per trascenderlo e superarlo veramente e completamente. Perciò diventa imprescindibile ricucire il rapporto d'amore piu' importante e longevo della nostra vita: quello con noi stessi.

Se ci permettessimo di ascoltarci, di sentirci, a livello di sensazione e non solo mentale, soprattutto quando stiamo sperimentando dubbi, ansie, dolore, se non ci occultassimo queste sensazioni, ci doneremmo la grande possibilita', dolorosa ma costruttiva ed appagante nel lungo termine, di ritrovarci: ci ritroviamo perche' stabiliamo di nuovo un contatto ormai dimenticato con le sensazioni piu' nascoste e vive che hanno determinato l'origine del nostro relazionarci, del nostro modo di amare, del nostro modo di vedere e di percepire.

Ritrovando la nostra unicita', la nostra bellezza, la nostra forza, ci permettiamo anche di prendere contatto con le nostre debolezze e con le nostre antiche paure. Solo in questo modo possiamo ridimensionarle e percepire la realta' con gli occhi nuovi dell'adulto che siamo oggi e non con quelli spauriti ed immaturi del bambino che eravamo.

Come fare a livello pratico? E' difficilissimo e lungo, credo per chiunque. Ci vuole la volonta' e la fermezza di andare a fondo alle vicissitudini o alle condizioni familiari personali che hanno dato il via all'insicurezza, alla paura, alla disistima di se', alla depressione, ai disturbi di ansia, ai problemi di coppia o quant'altro possa aver minato un sano equilibrio interiore.

Ci vuole la ricerca della consapevolezza degli attuali atteggiamenti, che abbiamo nutrito nel tempo, e che, senza che ce ne rendiamo conto, condizionano il nostro operato, le nostre relazioni interpersonali e sentimentali, e plasmano, talvolta in modo disastroso, la percezione di alcune realta'. Ci vuole la decisione di mettersi in discussione e di provare a mettersi nei panni degli altri, spesso anche di chi ci ha feriti, e di porsi sempre domande costruttive. Ci vuole l'ostinazione di non dare mai per scontato od unico il nostro modo di vedere o sentire le cose, condividerlo e metterlo in discussione.

Ci vuole la continua sperimentazione del mondo in tutti i suoi possibili aspetti o sfaccettature, sempre e comunque nel rispetto di se' stessi e del prossimo, anche quando crediamo che non sapremo mai essere felici...